Con la pronuncia n. 25698/2024 pubblicata il 25.09.2024, la Corte Suprema ha delineato per la prima volta un chiaro statuto della responsabilità civile del professionista delegato alle vendite.
La Corte, all’esito di rimessione alla pubblica udienza per “particolare rilevanza giuridica” della questione, è stata chiamata a decidere, nella specie, sulla responsabilità del professionista che operi, sotto le direttive del giudice dell’esecuzione, nel procedimento espropriativo e, in particolare, se questi possa essere chiamato in proprio a rispondere del suo operato, indipendentemente dalle opposizioni proposte avverso gli atti esecutivi e se, in questo caso, possa essere chiamato a rispondere per atti compiuti nell’ambito delle delega conferita, ovvero soltanto per il compimento di atti posti in essere esorbitando dalla delega.
Sulla ricostruzione della figura processuale del delegato, si fronteggiano due impostazioni difformi.
Secondo un primo orientamento, il delegato ricopre la qualifica di ausiliario del giudice chiamato a svolgere una funzione pubblica finalizzata all’esatta realizzazione della vendita forzata. In questa veste, la sua responsabilità civile avrebbe natura extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c., con la limitazione al caso di dolo e colpa grave in analogia a quanto previsto dal disposto dell’art. 64 c.p.c..
Un diverso orientamento sostiene, invece, che il delegato sia a tutti gli effetti un sostituto del giudice dell’esecuzione, poiché eserciterebbe poteri previsti direttamente dalla legge in sostituzione del magistrato. In questa prospettiva, il professionista agirebbe con un grado di autonomia tale da non poter essere considerato un mero ausiliario, e la sua responsabilità sarebbe assoggettata al regime e ai limiti previsti dalla legge n. 117/1988 in tema di responsabilità civile dei magistrati.
La sentenza n. 25698/2024 della Cassazione ha affrontato direttamente la questione stabilendo che il professionista delegato alle operazioni di vendita, nell’ambito delle procedure esecutive immobiliari, è responsabile civilmente per i danni ingiusti cagionati alle parti o ai terzi interessati, ai sensi dell’art. 2043 c.c..
La Corte non ha quindi ritenuto che l’attività del delegato comporti l’esercizio pieno di funzioni giurisdizionali, atteso che la legge processuale vigente si limita a prevedere la delegabilità di un novero tassativo di atti del processo, il quale resta diretto dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 484 comma 1 c.p.c., con imputazione diretta degli atti compiuti in capo all’ufficio giudiziario nel suo complesso.
L’imputazione all’ufficio degli atti delegati determina l’immediata conseguenza per cui l’eventuale azione di risarcimento del danno per violazioni commesse nell’esercizio dell’attività giurisdizionale dovrà essere comunque rivolta nei confronti dell’ufficio giudiziario ovvero del singolo giudice ai sensi della legge n. 117/1988 e non nei confronti del professionista delegato.
Lo stesso professionista potrà essere chiamato in responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. solo qualora i suoi atti siano stati posti in essere al di fuori dello schema legale e non possano essere ricondotti in alcun modo a un esercizio legittimo della delega conferita.